La dama duende (Дама-призрак) di
Calderon de La Barca
regia di
Alessio Bergamo
- scene Aleksandr Lipovskikh
- costumi Marija Brjanceva
- Debutto Teatro Lensoviet di Pietroburgo, Russia, 2001
ATTORI
Donna Beatrice – Anna Aleksakhina Rodrigo – Michail Devjatkin Isabella – Olga Kopilova Donna Beatrice – Anna Kovalčuk Don Juan – Sergej Kušakov Clara – Elena Markina Don Luis – Aleksandr Novikov Kosme – Michail Porečenkov Don Manuel – Georgij TraugotVideo
Scheda
SINOSSI
Scritta nel 1639, la dama-duende è una commedia del genere “cappa e spada”. La trama, ricca di colpi di scena, ha per protagonista una giovane e bella vedova, Donna Angela, ben decisa a sottrarsi alle ferree leggi dell’onore dell’epoca che la vorrebbero reclusa in un lutto strettissimo.
Al di là dei doveri legati alla vedovanza, a condannare Angela alla segregazione tra le pareti della casa di famiglia, oggetto dell’attenzione ossessiva dei fratelli Don Juan e Don Luis, puntigliosissimi in fatto di onore, è anche il fatto di essere stata lasciata dal marito totalmente priva di mezzi. Angela però è vitale e trova la maniera di fuggire, di tanto in tanto.
All’inizio della commedia, troviamo Angela che, uscita di casa di nascosto e protetta nel suo anonimato da un velo, è finita in una situazione insidiosa nella quale la sua identità potrebbe venir svelata. Fuggendo si imbatte in Don Manuel, un gentiluomo che sta venendo a Madrid per essere ospite proprio dai suoi fratelli. Don Manuel la difende dai suoi persecutori spada in mano e viene ferito, anche se non gravemente.
Angela riesce a fuggire, ma la vicenda ha colpito la fantasia di tutti e due. Sicché Angela e Manuel (che non sa che i due fratelli nascondono in casa una sorella vedova) si ritrovano ad essere vicini di stanza. Quando scopre chi è il suo vicino, approfittando del classico armadio a doppio ingresso che divide le due stanze, assistita nell’intrigo da Beatrice, sua amica e fidanzata del fratello Juan, Angela entra notte tempo, o durante l’assenza di Manuel, nella sua stanza e, come uno spiritello (un duende, appunto), ne esce senza lasciare traccia ma lasciando dietro di sé messaggi segreti, rubando oggetti, facendo regali (e terrorizzando il servitore di Manuel, Cosmè).
Manuel si fa trasportare dall’intrigo e si innamora di questo spiritello. Dopo diverse peripezie ed equivoci tutto finirà per il meglio, Manuel sposerà Angela, Juan sposerà Beatrice.
NOTE DI REGIA
Negli anni ‘10 del XX secolo, nei circoli simbolisti e teatrali pietroburghesi, nel quadro del revival del teatro antico e in funzione antirealista, Calderon veniva messo in scena di frequente dai grandi innovatori della scena russa dell’epoca: da Mejerchol’d’, da Evreinov, da Mardžanov.
Capitava di frequente si trattasse di spettacoli prodotti da circoli privati e a recitare, sulla scena, erano gli intellettuali dell’epoca, spesso legati alla temperie simbolista, come nel caso de La devozione della croce (1912, regia di Mejerchol’d, teatro di villeggiatura di Terioki).
Questo Dama duende del 2001 è stato da una parte un omaggio all’atmosfera culturale di quel periodo. Lo spettacolo era concepito infatti in termini metateatrali: all’inizio del secolo scorso un gruppo di amatori mette in scena la Dama duende, (di qui i costumi inizio Novecento – con l’eccezione di una scena “in maschera” in cui i vestiti erano XVI secolo -, la scenografia che riproduceva un edificio pietroburghese, la famosa “torre” del poeta simbolista Ivanov, le canzoni basate su testi di Aleksandr Blok).
Dall’altra parte era visto come uno spettacolo dedicato al “mistero” del matrimonio. L’occasione immaginaria di questa messa in scena amatoriale, infatti, era il festeggiamento di un matrimonio… Al tempo stesso quest’occasione immaginaria veniva intrecciata con un fatto reale: infatti era previsto di riservare di volta in volta il palco di onore a due autentici sposi novelli a cui sarebbe stato dedicato lo spettacolo.
La scena aveva un impianto fisso, con alcuni elementi che ne mutavano la funzionalità (ad esempio una parete a vetri che ogni tanto si trasformava in parete a specchio; un siparietto sul proscenio; un grande fondale azzurro che cadeva nel finale; un enorme occhio che si apriva e chiudeva e scherzosamente indicava se una scena si svolgeva o meno al buio; una sorta di semaforo antico con sopra scritte le indicazioni relative a dove si stava svolgendo la scena). Anche qui il pavimento del palco, a ricordare la tematica del gioco – teatrale questa volta –, era ricoperto di un panno verde.